In questo periodo si sente spesso parlare di economia circolare e di come sia determinate per il futuro del mondo. Per tale motivo, ho deciso di analizzarla dal punto di vista chimico, focalizzandomi su come sia necessario valutare attentamente le sostanze chimiche nei processi di recupero.
Ormai da diversi anni sentiamo parlare di economia circolare e di sostenibilità: strada obbligatoria per abbandonare il vecchio modello dell’economia lineare che aveva caratterizzato gli ultimi 150 anni di storia ed aveva portato a condizioni critiche sia in termini di “disponibilità” di materie prime che in termini di consumo di massa e produzione di rifiuti.
L’economia circolare è dunque un sistema economico pianificato per:
- riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi;
- ridurre al massimo gli sprechi e gli scarti;
- massimizzare il valore d’uso dei prodotti di consumo.
allo scopo di frenare lo spreco di materie prime e ridurre l’inquinamento.
Economia Lineare VS Economia Circolare
Nell’onda di questi nuovi approcci all’economia che iniziano a diventare significativi nei primi anni del 2000, l’Europa interviene significativamente con un’importante azione nell’ambito della normativa legata alla tematica dei rifiuti. Introduce, infatti, il concetto di gerarchia in quella che era al tempo la nuova Direttiva rifiuti (la 2008/98/CE). In particolare, nell’articolo 4 di questa Direttiva (Fig. 1) si definisce un vero e proprio ordine di priorità “… della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti…”.
Articolo 4
Gerarchia dei rifiuti
1. La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e
e) smaltimento.
Articolo 4 della Direttiva 2008/98/CE
In epoca recente, in particolare modo lo scorso anno, facendosi sempre più forte il bisogno di salvaguardare le nostre risorse e materie prime, ecco che l’Europa pubblica una Direttiva che definisce limiti minimi precisi di riciclo. È la Direttiva (UE) 2018/851 che modifica ed integra la vecchia direttiva 2008/98/CE. Di seguito riportiamo un estratto dei limiti di riutilizzo e riciclo secondo la Direttiva (UE) 2018/851.
c) entro il 2025, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 55% in peso;
d) entro il 2030, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 60% in peso;
e) entro il 2035, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 65% in peso;
Limiti di riutilizzo e riciclo secondo la Direttiva (UE) 2018/851
Lo scopo è quindi quello di ridurre al minimo la produzione di rifiuti e di riciclare i materiali anche più volte nel tempo. Per fare tutto questo però non possiamo dimenticarci che il materiale ottenuto dal rifiuto deve essere conforme alle norme vigenti in Europa in materia di sostanze chimiche esattamente come per il materiale “vergine”.
Questo è un aspetto di estrema importanza che purtroppo spesso viene disatteso dalle aziende: una volta cessato lo stato di rifiuto (da qui l’importanza di conoscere precisamente a quale livello del processo c’è il passaggio da rifiuto a “non più” rifiuto) la materia ottenuta dovrà rispettare le norme specifiche di riferimento in base al tipo di utilizzo.
Prima di tutto è importante verificare la conformità con il Regolamento REACH (Reg. 1907/2006). Il rifiuto di per sé è completamente al di fuori del campo di applicazione (art. 2), ma appena lo stesso diventa materia recuperata rientra pienamente all’interno degli obblighi di tale Regolamento. Un aspetto importante del Regolamento REACH è la possibilità di evitare la registrazione delle sostanze recuperate applicando scrupolosamente quanto riportato in art. 2(7)-d. Non avrebbe senso registrare una sostanza che nella “precedente” vita era già stata registrata: sarebbe un eccessivo carico di burocrazia e soprattutto di costi che rischierebbero di mettere fuori mercato le materie recuperate andando così contro i principi dell’economia circolare. E’ possibile godere dell’esenzione dalla Registrazione REACH a patto che:
- il processo di recupero sia perfettamente sotto controllo;
- il recuperatore rediga e conservi presso il sito di recupero la scheda di sicurezza del materiale recuperato;
- si conosca e si mantenga controllata la composizione chimica della materia recuperata.
Solo così sarà possibile garantire gli standard minimi di sicurezza previsti dal Regolamento REACH. Ma il REACH non è solo REGISTRAZIONE. Quindi, la materia recuperata deve sottostare anche a tutti gli altri obblighi di questo Regolamento, in particolare:
- AUTORIZZAZIONE;
- RESTRIZIONE.
La cosa importantissima da evidenziare a questo proposito è che NON esiste alcun tipo di esenzione o deroga per questi due obblighi quando si tratta di sostanza recuperata. Questo significa che, l’eventuale presenza di una sostanza soggetta ad autorizzazione o restrizione all’interno della materia recuperata anche in piccole quantità, farebbe scattare immediatamente gli obblighi previsti per il processo di autorizzazione o di restrizione, compresi tutti i costi correlati (si ricorda che la sola domanda di autorizzazione da presentare all’ECHA costa più di 50 mila euro).
Questo è un tema estremamente delicato su cui c’è da fare ancora tanta informazione e formazione. Facilissimo trovare, soprattutto nel mondo della plastica, che nel “recuperato” proveniente da materiale prodotto 15-20 anni prima (poi divenuto rifiuto) ci siano sostanze come ritardanti di fiamma, plastificanti o coloranti che oggi sono fortemente limitati in Europa o perché elencati nelle sostanze soggette ad Autorizzazione oppure perché rientranti in specifiche Restrizioni.
Diventa importantissimo, quindi, per le aziende attivare un piano di analisi del processo e delle sostanze coinvolte per poi verificare le ricadute (Fig.3) secondo quanto previsto dal Regolamento REACH. Successivamente si dovranno verificare, ed eventualmente applicare, la norma in materia di Classificazione ed Etichettatura (Regolamento n. 1272/2008 – CLP) e le eventuali norme specifiche di riferimento per il settore in cui verrà utilizzato il materiale recuperato.
Questo aspetto, cioè interazione tra recupero e limitazioni del REACH, è molto importante e delicato non solo per le imprese che rischiano di vedersi bloccare un’attività pur avendo le opportune autorizzazioni ambientali al recupero ma anche per gli enti pubblici. È già capitato che un Ente (di norma Provincia/Città Metropolitana o Regione) rilasci un’autorizzazione ambientale all’esercizio del recupero e poi un altro Ente (ULSS, ASL, ATS, ecc. a seconda delle Regioni) vieti invece tale attività per la presenza di una o più sostanze soggette ad Autorizzazione e/o Restrizione.
Conclusioni
In materia di riciclo e recupero ci troviamo in questo periodo storico di fronte a due importanti forze contrapposte. Da una parte l’economia circolare con il grande impulso al riciclare i materiali e dall’altra l’impegno politico non solo europeo ma mondiale per eliminare le sostanze molto pericolose (il REACH le chiama sostanze SVHC) ed evitare così che entrino non solo negli ambienti di lavoro ma soprattutto negli ambienti di vita. Per ridurre più possibile queste contrapposizioni, a mio avviso, sono TRE i fronti importanti su cui dobbiamo lavorare:
- divulgare e far conoscre il problema del recupero correlato alle sostanze chimiche altamente pericolose e fortemente ristrette in Europa;
- migliorare e tenere sotto controllo i processi di recupero e le sostanze coinvolte, questo non solo da parte delle aziende ma anche delle Autorità preposte al rilascio delle autorizzazione ambientali;
- ricercare metodi e processi allo scopo di separare/isolare sostanze altamente pericolose dal materiale di recupero.
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