Un “nuovo” modo di pensare alla gestione dei chemicals in azienda
Nonostante la mia vita sia permeata di tecnologia, a cominciare dalla mia auto fino ad arrivare a casa, rimango sempre affascinato da quella applicazione per cellulare che ti consente di riconoscere la musica solamente dopo pochi secondi di brano captato dalla radio, restituendoti autore, nome della canzone e tante altre utili informazioni. Ricordo che quando ero più giovane, intere generazioni erano condannate a non conoscere il nome della canzone che avevano orecchiato alla radio e l’unica maniera per risalire a un nome era canticchiarla ad amici o passare i pomeriggi ai negozi di dischi. Storie come queste per noi oggi sono inconcepibili, abituati come siamo a ottenere tutte le informazioni che vogliamo in tempi brevissimi.
Se provo a fare un paragone a quello che eravamo più di dieci anni fa, tutto è diventato accessibile, più veloce e più preciso. Come mai? Sono sicuro che diversi di voi che mi state leggendo alzerebbero la mano per dire “la risposta è la velocità di connessione e l’accesso a Internet”. Altri ancora potrebbero ipotizzare una maggiore mole di informazioni disponibile sulla rete. Qualcuno di voi, come me invece, sono portati a pensare che uno dei grandi artefici di questa velocità che connota la nostra epoca sia dovuta al concetto di “digitalizzazione dei dati”.
Che significato dare però alla parola “digitalizzazione”? Da buon “Chimico” ho cercato la migliore risposta intervistando gente del mestiere e navigando sulla rete arrivando alla seguente definizione “rendere fruibile ed elaborabile un dato depositato su un supporto non materiale”.
Già dagli inizi degli anni duemila moltissime aziende e liberi professionisti avevano già “traslocato” molti dei loro documenti in formato elettronico, spesso utilizzando il formato “pdf” (acronimo per Portable Document Format) inizialmente registrandoli con strumenti come lo scanner e nel tempo creandoli direttamente da pc.
Oggi la creazione di qualsiasi tipo di documento avviene esclusivamente tramite un computer o dispositivo analogo (tablet, smartphone, ecc.) così come il salvataggio e archiviazione degli stessi. L’intero ciclo documentale delle aziende, ad oggi, è prevalentemente dematerializzato grazie anche al grosso impulso dato dalla fatturazione elettronica e ormai quasi più nessuno organizza il proprio lavoro su formato cartaceo.
Quanto accaduto dall’inizio di questo Millennio ad oggi è sicuramente un importantissimo progresso tecnologico che ha portato ad un grandissimo cambiamento culturale (soprattutto nei processi aziendali): si tratta però più di dematerializzazione e non ancora di completa digitalizzazione.
La digitalizzazione, come definita poco sopra, è qualcosa di più: è la possibilità di accedere sempre e velocemente a tutti dati contenuti nei documenti dematerializzati e poterne fare l’uso che si vuole.
Dematerializzare una canzone vuol dire poterla mettere su CD-ROM. Digitalizzare una canzone significa invece poterne archiviare il contenuto on line affinché un’applicazione per cellulare possa fare un’attività di “matching” e dirci cosa abbiamo appena sentito durante una trasmissione radiofonica.
Dematerializzare una fattura significa salvarne il documento in un disco fisso. Digitalizzarla significa poter estrarre ogni singolo numero o lettera contenuto all’interno del documento per elaborarlo e valutare immediatamente se l’ammontare delle spese di tutte le fatture digitalizzate supera o no il budget aziendale previsto.
C’è un motivo per cui i motori di ricerca o siti di e-commerce sono diventati così bravi a riconoscere e prevedere i nostri gusti: sono in grado di accedere a un numero enorme di dati (digitali, appunto) derivanti da tutte le nostre azioni fatte sul web e fare indagini statistiche utili a suggerirci cose che potrebbero piacerci.
Perché da Chimico e per il lavoro che faccio mi sono messo oggi a parlare di dati e della loro digitalizzazione? Perché voglio sollevare un tema per me importantissimo che rasenta quasi il paradosso.
Il mondo intero si sta muovendo verso la digitalizzazione, noi e soprattutto le nuove generazioni viviamo quotidianamente interagendo con dati digitalizzati ma poi, quando dobbiamo trattare temi delicati come l’esposizione dei lavoratori ad agenti chimici o confrontare le misurazioni ambientali di un inquinante, ci troviamo di fronte a carta, faldoni e se ci va bene dei pdf. Per la mia esperienza, condivisa anche con i miei collaboratori, nelle aziende italiane il concetto di digitalizzazione dei documenti tecnici è ancora lontanissima dall’essere attuato o meglio strutturato. Se poi vogliamo concentrarci su quelli che sono per definizione i documenti più importanti per valutare e gestire il rischio chimico, cioè le schede dati di sicurezza, allora entriamo praticamente nella fantascienza.
Il documento più importante nel processo di valutazione del rischio chimico (inteso in senso globale dal lavoratore all’ambiente al consumatore) che con l’evolversi delle norme è diventato sempre più ricco e corposo (spesso una sola scheda dati di sicurezza raggiunge le 60-70 pagine) viene poi gestito nella catena di approvvigionamento con dei pdf allegati a delle mail. Affidiamo quindi documenti essenziali e fondamentali della nostra vita lavorativa quotidiana a delle mail e a dei pdf dove l’estrazione del dato e ancor peggio la ricerca del dato diventano spesso operazioni titaniche.
Eppure la legge è chiara! Tutti i dati relativi ad un prodotto chimico pericoloso devono essere inseriti all’interno della scheda dati di sicurezza elaborata ai sensi dell’allegato II del Regolamento REACH (Reg. 1907/2006) e fatti scorrere (attraverso tale scheda) lungo tutta la catena di approvvigionamento in modo chiaro, tracciabile e senza mai interromperne il flusso. Ad ogni livello della catena di approvvigionamento questi dati devono essere accessibili, utilizzabili e archiviabili. Spesso si tratta di centinaia o migliaia di schede dati di sicurezza che coinvolgono una sola azienda che poi nel corso di anche un solo anno vedono l’aggiornamento e la revisione. Un’enorme quantità di dati che devono scrupolosamente essere valutati, analizzati, condivisi e archiviati. Impossibile raggiungere i livelli di sicurezza e di prevenzione che l’Europa e l’Italia si prefiggono con le nuove leggi in materia se gestiamo il tutto in modo cartaceo o quasi. La digitalizzazione diventa a mio avviso OBBLIGATORIA e condizione indispensabile per poter gestire correttamente nei tempi e nei modi il dato chimico.
La grande limitazione dell’attuale flusso documentale è quindi l’impossibilità di accedere in modo rapido alle informazioni contenute nelle schede dati di sicurezza per rendere tali dati fruibili ed elaborabili per la gestione ordinaria e straordinaria delle attività.
Quanto appena detto è una gran limitazione per le aziende. Da un punto di vista puramente “regolatorio” una mancata digitalizzazione delle proprie schede dati di sicurezza rende il lavoro di gestione della “compliance” estremamente difficoltoso, potenzialmente più a rischio di errore (legati al copia-incolla) e difficilmente aggiornabile in tempi accettabili. Un’azienda invece che passa ad una gestione digitalizzata delle proprie schede dati di sicurezza può contare su una velocità di elaborazione molto più alta rispetto alle altre, riduzione degli errori e rapidità di aggiornamento.
Lascia un commento