Spesso durante le mie lezioni all’Università o magari al caffè con un cliente mi vengono fatte le domande più strane, ma ultimamente mi accorgo che sempre più spesso queste vertono su un tema ben specifico, che sintetizzo per semplicità in “quale sarà il futuro della chimica?”.
Il perché di tale domanda non mi stupisce visto che sotto ai nostri occhi quotidianamente passano sempre più notizie che riguardano l’ambiente e “la chimica”. In brevissimo tempo stiamo assistendo ad un cambiamento importantissimo: l’ambiente, quello che ci circonda e che da tempo soffre per le negligenze dell’uomo, è improvvisamente al centro degli interessi anche politici.
Fino a qualche anno fa era impensabile anche solo pensare alla sostituzione della plastica, si pensi ad esempio al campo degli imballaggi in particolare nel campo del fast food. Oggi, invece, se un’azienda (soprattutto se nota al pubblico) non prende una posizione “plastic-free” rischia di perdere grosse quote di mercato e di trovarsi in brevissimo tempo fuori gioco. In ambiti diversi assistiamo, ad esempio, al fenomeno che sempre più importanti brand di moda fanno della protezione dell’ambiente e della sicurezza dei loro prodotti il loro cavallo di battaglia a livello di marketing e pubblicità.
Ursula Von Der Leyen, neo presidentessa della Commissione Europea, all’indomani della sua nomina ha promesso di rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050 (attraverso il cosiddetto Green Deal) cercando di intervenire sulle emissioni in atmosfera.
“Mi impegnerò innanzitutto per contribuire al rilancio della crescita e alla sua sostenibilità sociale e ambientale” è la primissima dichiarazione di Paolo Gentiloni futuro Commissario europeo agli Affari economici. Le recenti elezioni politiche europee, inoltre, hanno visto aumentare del 50% il numero di europarlamentari “verdi”, raggiungendo quasi il 10 % dell’intero parlamento.
Cos’è successo in questi ultimi anni? Dobbiamo stupirci di questa escalation di sensibilità al tema ambientale? Ad esser onesto, non mi stupisco di quanto sta accadendo. Stiamo assistendo, oggi, all’incontro di due distinti fenomeni che convergono verso lo stesso obiettivo: vivere bene e con le più evolute tecnologie rispettando però l’ambiente. Il primo è sicuramente un fenomeno sociologico che esce dalle mie competenze, ma come cittadino posso dire che era inevitabile che si arrivasse ad un momento in cui tutti noi (giovani e meno giovani) sbattessimo la faccia contro la realtà di un ambiente malato e maltrattato. Innumerevoli e quasi quotidiani i segnali: da fenomeni globali come i cambiamenti climatici (scioglimento ghiacciai) ad eventi circostanziati ma comunque dalle conseguenze gravissime come i PFAS nella falde acquifere del Veneto orientale. Il secondo fenomeno, invece, sicuramente più vicino ai miei studi e alle competenze acquisite nel tempo è una serie di risultati e obiettivi finalmente raggiunti grazie ad un lungo cammino iniziato quasi trent’anni fa e che ha visto come inizio il Summit di Rio de Janeiro del 1992. È stato un avvenimento senza precedenti: la prima conferenza mondiale di capi di stato sull’ambiente. Non solo questo evento portò alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e successivamente al Protocollo di Kyoto ma portò anche alla creazione dell’Agenda 21 e il pensare, quindi, a uno sviluppo mondiale sostenibile anche attraverso un uso più consapevole e sicuro delle sostanze.
L’Europa, dal canto suo, aveva già iniziato a legiferare in materia di sostanze chimiche/salute/ambiente negli anni sessanta, ma è solamente a seguito dell’accordo politico preso a Rio che si inizia a studiare e poi ad attuare una vera e propria “nuova politica chimica”. Nasce infatti nel 2001 il Libro bianco della chimica: strategia per una politica futura in materia di sostanze chimiche.
Il Libro Bianco (febbraio 2001) nasce da un accordo politico molto forte perfettamente in linea con i principi di Rio e lo possiamo certamente vedere come il punto di partenza per la nascita poco dopo dei regolamenti REACH e CLP. Il REACH, in particolare, lo possiamo senza dubbio considerare la norma di riferimento per conoscere, valutare ed utilizzare in modo sicuro le sostanze chimiche in qualsiasi forma esse si trovino: allo stato puro, come componenti di miscele o inserite in articoli/oggetti. Accanto a questi due importanti regolamenti si sono però sviluppati negli stessi anni altre norme molto importanti come ad esempio il regolamento sui composti organici volatili, quello sui prodotti detergenti o sulle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RoHS).
In questi ultimi diciotto anni, proprio grazie a tutta una serie di nuove regole nate sulla scia del Libro Bianco, l’Europa ha senza alcun dubbio stretto le maglie su quello che era stato per decenni un utilizzo sconsiderato dei prodotti chimici. Regole più forti, stringenti a volte molto complesse che però stanno iniziando a dare i loro frutti: uso sicuro e consapevole delle sostanze chimiche lungo le catene di approvvigionamento, maggiori strumenti per il controllo dell’esposizione, l’eliminazione graduale di sostanze particolarmente pericolose per l’uomo e/o l’ambiente. Questo vuol dire NON solo dare un maggior benessere e sicurezza a lavoratori e cittadini ma anche stimolare le imprese a sviluppare nuovi prodotti o processi più eco-sostenibili e magari con maggiori performance.
Nella nostra natura di esseri umani siamo purtroppo abituati a scordare il lavoro fatto nel passato, dare per assodato il presente e dimenticarci, invece, che quanto ci sta succedendo ora è la naturale conseguenza di quanto seminato negli anni precedenti. Cosa ci riserverà allora il futuro sulla chimica? Ancora non ho la capacità di profetizzare, ma sono certo che il connubio tra i buoni risultati ottenuti in questi ultimi vent’anni dalla Commissione Europea e la sempre maggiore sensibilità del cittadino al “vivere in modo sano” porterà ad alzare ancora di più i livelli di attenzione non solo nella gestione dei prodotti chimici ma anche in un loro sviluppo sempre più sostenibile. La chimica sarà sempre di più nel futuro quella scienza che ci aiuterà a svilupparci e crescere in modo sostenibile ma anche, a differenza del passato, a rispettare l’ambiente e le risorse che ci circondano.
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